La metafora sarcastica, si legge nella sentenza, nulla aveva a che fare con la critica graffiante ed irridente di comportamenti, neppure specificatamente indicati, del politico Salvini. Ma, nella scelta dell’immagine utilizzata e della “rima” denotava l’intenzione di gettare discredito sulla persona». L’obiettivo, scrivono i giudici, era far passare Salvini «come incline ad offrire in vendita persino il suo corpo agli ingenui elettori del suo partito».
Sono i motivi per cui la Cassazione ha rigettato il ricorso di Toscani. E ha confermato la sentenza emessa nel novembre del 2019 dalla Corte d’Appello a pagare una multa di 8mila euro. In pratica, la Suprema Corte ha ribadito che il diritto di critica trova un limite nel "rispetto della dignità altrui". E che la critica non può essere mera occasione per gratuiti attacchi alla persona.
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